venerdì, ottobre 07, 2005

Diario: nel Duomo di Modena


Sono a casa. Mia figlia piccola non si è ancora ripresa del tutto e posso stare con lei perché il giro di ottobre è ancora da preparare.
Stamattina scoprire di aver ricevuto il primo, vero commento ad un mio post (da parte dell'unico che legge il mio blog) mi ha sorpreso. Ma come, Claude? tutte le mie dissertazioni sui "massimi sistemi" non ti avevano smosso e adesso che scrivo dei piccoli episodi della mia vita quotidiana, mi fai i complimenti? Sono commosso.
Ieri non ce l'ho fatta a scrivere, perché la giornata è stata impegnativa (più di 500 km), e la sera sono andato al solito appuntamento del giovedì con gli amici.
Devo comunque annotare il fatto che mia sorella ha seguito un mio consiglio e mi ha telefonato per farmi sapere che le aveva fatto bene, che "un bagno di umiltà" di tanto in tanto purifica.
Ieri sono stato a Modena e avevo un intervallo di circa un'ora tra due appuntamenti, ho cercato di anticipare il secondo, ma non è stato possibile. Sono andato in Chiesa, nel Duomo, che è bellissimo. C'era un gran vociare: una gita, ma in fondo non era così fastidioso sentire i bambini che ridacchiavano e poi se ne sono andati. Il Santissimo è in una cappella della cripta, sotto l'altar maggiore, non ero il solo lì a pregare. Poi ho anche pensato se fosse giusto essere lì solo perché avevo un buco e non sapevo come riempirlo. E' come quando ti telefono, Claude: mi vieni in mente perché sono bloccato in fila sull'A1. Ti chiamo, certe volte ti rompo pure le scatole, ma in fondo, credo ti faccia piacere sentirmi, scambiare qualche informazione sulle famiglie, sapere come stanno le mie figlie e raccontarmi della tua. Ho fatto così anche lì.

PS: Veramente a me del Duomo piaceva molto questa foto (http://www.flickr.com/photos/annalisa/39858487/in/pool-52240278816@N01) ma non credo di poterla pubblicare... perciò chi vuole può andarsela a vedere da solo.

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mercoledì, ottobre 05, 2005

Diario: primo giorno

L'anno scorso, prima di Natale, mi presento da un cliente, col quale solitamente si chiacchiera del più e del meno in tranquillità. Faccio qualche banale apprezzamento sulla situazione del mercato, dimenticando che nei pressi del suo negozio hanno aperto due megastore che sicuramente mineranno i suoi incassi. Non mi accorgo che gli apprezzamenti non sono condivisi. Andiamo al bar e prendiamo, come talvolta capita, due frizzantini. Quando vado per pagare, il barista, che non brilla per simpatia, fa una battuta sul fatto che il mio cliente si fa pagare da bere... Rientrati nel negozio la discussione si scalda. Il cliente comincia a farmi notare con insistenza che le mie frasi precedenti erano state fuori luogo. Rispondo. Sfioriamo la lite verbale e il cliente mi chiede di andarmene. Mi riprometto di non passarci mai più. Il passare dei mesi allenta la tensione. Capita l'occasione di proporgli un prodotto che può interessargli e riprendiamo a dialogare ma con un po' di freddezza. Finalmente oggi, dopo 10-11 mesi, siamo tornati al bar a berci un frizzantino. Sembra che tutto sia passato e ne sono contento. Questo lavoro che mi costringe a tornare sui miei passi, a rivedere persone con cui ho avuto diverbi, mi fa crescere. In più ho davvero cercato di ascoltarlo, frenando la mia ansia di dire, anche interrompendo l'interlocutore.
Giornata positiva.

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domenica, ottobre 02, 2005

Il primo della classe

Sono reduce da un incontro di lavoro in cui un collega mi ha fatto osservare che, nonostante spesso i miei interventi siano condivisibili, non riscuotono il consenso che meriterebbero, perché l'atteggiamento con cui li espongo è da "primo della classe".
Leggendo sull'ultimo Venerdì di Repubblica, la risposta di Eugenio Scalfari al Sig. Gherardi di Pisa, ho provato la stessa sensazione.
Ma come? il motivo per cui in Italia qualcuno può essere d'accordo con ciò che dice la Chiesa è, per Scalfari, solo il frutto di un più o meno conscio "indottrinamento ricevuto in famiglia, in parrocchia, a scuola"?
E chi, pur vivendo in Italia, non ha ricevuto questo condizionamento che ottunde la capacità di discernere tra bene e male, come ha fatto ad esserne immune? E' stato il destino, insegnamenti illuminati ottenuti parallelamente, il proprio merito o un beffardo dono della Provvidenza?
Io credo che sia questa la "sindrome da primo della classe" di cui mi accusava il mio collega: pensare che quasi tutti gli altri siano degli idioti. Sindrome che impedisce di riscuotere consensi, spesso anche quando si sollevano argomenti importanti e decisivi.
E' quindi esercitando il mio diritto di fare il primo della classe che voglio dire ad Eugenio Scalfari che la Chiesa è così ascoltata non perché gli Italiani siano degli idioti di cui vergognarsi, ma perché dalla Chiesa si sentono accolti e trovano risposte che un atteggiamento come il suo non permette di trovare.
La Chiesa, oggi, non pretende che tutti capiscano, né si permette di dare dell'idiota a chi non lo fa. Attende pazientemente che ciascuno faccia il suo cammino, consapevole di essere portatrice di verità che la trascendono. E' in grado di chiedere scusa, ma soprattutto di perdonare, ponendo proprio la misericordia divina a modello della vita di ciascuno.

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