venerdì, aprile 14, 2006

La passione secondo Jacopone

grazie a
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JACOPONE DA TODI



Donna de Paradiso
*

[Nunzio]1

«Donna de Paradiso,

lo tuo figliolo è preso

Iesù Cristo beato2.



Accurre, donna e vide

che la gente l’allide;

credo che lo s’occide,

tanto l’ò flagellato3».



[Maria]

«Como essere porria,

che non fece follia,

Cristo, la spene mia,

om l’avesse pigliato?4».



[Nunzio]

«Madonna, ello è traduto,

Iuda sì ll’à venduto;

trenta denar’ n’à auto,

fatto n’à gran mercato5».



[Maria]

«Soccurri, Madalena,

ionta m’è adosso piena!

Cristo figlio se mena,

como è annunziato6».



[Nunzio]

«Soccurre, donna, adiuta,

cà ’l tuo figlio se sputa

e la gente lo muta;

òlo dato a Pilato7».



[Maria]

«O Pilato, non fare

el figlio meo tormentare,

ch’eo te pòzzo mustrare

como a ttorto è accusato8».



[Popolo]

«Crucifige, crucifige!

Omo che se fa rege,

secondo nostra lege

contradice al senato9».



[Maria]

«Prego che mm’entennate,

nel meo dolor pensate!

Forsa mo vo mutate

de que avete pensato10».



[Popolo]

«Traiàn for li latruni,

che sian soi compagnuni;

de spine s’encoroni,

ché rege ss’è clamato!11».



[Maria]

«O figlio, figlio, figlio,

figlio, amoroso giglio!

Figlio, chi dà consiglio

al cor me’ angustiato12?



Figlio occhi iocundi,

figlio, co’ non respundi?

Figlio, perché t’ascundi

al petto o’ sì lattato13?».



[Nunzio]

«Madonna, ecco la croce,

che la gente l’aduce,

ove la vera luce

déi essere levato14».



[Maria]

«O croce, e que farai?

El figlio meo torrai?

E que ci aponerai,

che no n’à en sé peccato15?».



[Nunzio]

«Soccurri, plena de doglia,

cà ’l tuo figliol se spoglia;

la gente par che voglia

che sia martirizzato16».



[Maria]

«Se i tollit’el vestire,

lassatelme vedere,

com’en crudel firire

tutto l’ò ensanguenato17».



[Nunzio]

«Donna, la man li è presa,

ennella croc’è stesa;

con un bollon l’ò fesa,

tanto lo ‘n cci ò ficcato18.



L’altra mano se prende,

ennella croce se stende

e lo dolor s’accende,

ch’è plu multiplicato19.



Donna, li pè se prènno

e clavellanse al lenno;

onne iontur’aprenno,

tutto l’ò sdenodato20».



[Maria]

«Et eo comenzo el corrotto;

figlio, lo meo deporto,

figlio, chi me tt’à morto,

figlio meo dilicato21?



Meglio aviriano fatto

ch’el cor m’avesser tratto,

ch’ennella croce è tratto,

stace descilïato22!».



[Cristo]

«O mamma, o’ n’èi venuta?

Mortal me dà’ feruta,

cà ’l tuo plagner me stuta,

ché ’l veio sì afferato23».



[Maria]

«Figlio, ch’eo m’ aio anvito,

figlio, pat’e mmarito!

Figlio, chi tt’à firito?

Figlio, chi tt’à spogliato24?».



[Cristo]

«Mamma, perché te lagni?

Voglio che tu remagni,

che serve mei compagni,

ch’êl mondo aio aquistato25».



[Maria]

«Figlio, questo non dire!

Voglio teco morire,

non me voglio partire

fin che mo ’n m’esc’ el fiato26.



C’una aiàn sepultura,

figlio de mamma scura27,

trovarse en afrantura

mat’e figlio affocato28!».



[Cristo]

«Mamma col core afflitto,

entro ’n le man’ te metto

de Ioanni, meo eletto;

sia to figlio appellato29.



Ioanni, èsto mea mate:

tollila en caritate,

àginne pietate,

cà ‘l core sì à furato30».



[Maria]

«Figlio, l’alma t’è ’scita,

figlio de la smarrita,

figlio de la sparita,

figlio attossecato31!



Figlio bianco e vermiglio,

figlio senza simiglio,

figlio, e a ccui m’apiglio?

Figlio, pur m’ài lassato32!



Figlio bianco e biondo,

figlio volto iocondo,

figlio, perché t’à el mondo,

figlio, cusì sprezzato33?



Figlio dolc’e placente,

figlio de la dolente,

figlio àte la gente

mala mente trattato34.



Ioanni, figlio novello,

morto s’è ’l tuo fratello.

Ora sento ’l coltello

che fo profitizzato35.



Che moga figlio e mate

d’una morte afferrate,

trovarse abraccecate

mat’e figlio impiccato36!».











1 Per agevolare la lettura di questa lauda drammatica abbiamo premesso alle strofe l’indicazione dei personaggi che pronunciano le diverse battute: il Nunzio, Maria, il Popolo, Cristo. Il Nunzio svolge la funzione di cronista della Passione, narra tutti gli eventi che non possono essere rappresentati in forma drammatica (cioè attraverso le parole dei protagonisti): la cattura di Cristo, il precedente tradimento di Giuda, la consegna di Gesù a Pilato, la crocifissione. I suoi interventi termineranno al v. 75; da quel momento l’interlocutore di Maria diventerà Cristo stesso. Qualcuno ipotizza che il Nunzio possa essere identificato con l’apostolo Giovanni. Va in ogni caso notato che, fin dalla prima strofa, il Nunzio appare come un narratore onnisciente, sempre consapevole (a differenza di Maria) tanto delle cause dei fatti narrati (ad es. il tradimento di Giuda) quanto delle loro implicazioni teologiche (cfr. n. 2).


2 Donna… beato: Signora (donna ha qui il significato del latino domina) del Cielo, tuo figlio, Gesù Cristo beato, è stato arrestato (preso). Il Nunzio, come nota Auerbach, si rivolge alla Madonna con un appellativo anacronistico (davanti alla croce Maria è solo una madre disperata; solo in Paradiso diverrà propriamente “Signora”). Ma era tipico della religiosità popolare sovrapporre gli attributi del dogma cristiano con gli aspetti semplicemente umani della Passione (che in questa lauda sono prevalenti). La rima di i con e («Paradiso» : «preso») è normale in Jacopone.


3 Accurre… flagellato: Accorri, donna, e guarda (vide) che la gente lo percuote (allide è un latinismo); credo che lo vogliano uccidere (lo s’occide), dal momento che l’hanno (l’o, forma umbra) così tanto flagellato.


4 Com’essere… pigliato?: Come potrebbe (porria) essere che sia stato arrestato (om l’avesse pigliato; «om», dal latino homo, introduce la costruzione impersonale del verbo, in analogia con il francese on) Cristo, la mia speranza (spene), che non commise mai alcuna colpa (follia)? Il discorso di Maria sull’innocenza del proprio figlio e lo stupore per il suo arresto sono tutti interni alla logica umana e non mostrano alcuna consapevolezza della missione salvifica di Cristo.


5 Madonna… mercato: O Madonna, egli è <stato> tradito (traduto), Giuda così lo ha (si ll’ha) venduto; ne ha ricavato (n’à aùto) trenta denari, ne ha fatto un grande affare (mercato). Il tono usato dal Nunzio, narratore onnisciente della Passione, è qui amaramente sarcastico: il «gran mercato» di Giuda è infatti espressione antifrastica (Cristo in realtà è stato tradito per una misera somma). Il participio passato «traduto» richiama il latino tradere, cioè consegnare, con riferimento alle parole di Giuda in Matteo XXVI, 15: «Quid vultis mihi dare, et ego vobis eum tradam?» [«Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?»].


6 Soccurri… annunziato: Soccorrimi, Maddalena, un’immensa sventura (metaforicamente piena, cioè una sciagura cui non ci si può opporre) mi è giunta (ionta) addosso: Cristo, <mio> figlio, viene portato via (se mena) com’era <stato> profetizzato (com’è annunziato). Maria, riferendosi alle profezie, sembra qui mostrare – in contrasto con quanto avveniva in precedenza – una certa consapevolezza teologica del destino del figlio. Sua (muta) interlocutrice è Maria Maddalena, la donna destinata a vedere per prima Cristo dopo la Resurrezione.


7 Soccurre… Pilato: Soccorri, o Signora, aiuta<lo>, perché () a tuo figlio si sputa e la gente lo porta via (lo muta); lo hanno (òlo) consegnato a Pilato (il procuratore romano della Giudea che decise la crocifissione di Cristo). Per il verbo «muta» abbiamo seguito l’indicazione di Contini: lo trasferisce dal sinedrio al tribunale di Pilato; ma si potrebbe intendere, secondo le indicazioni di Ageno, lo muta d’abito; oppure secondo Pasquini, lo scambiano con Barabba. Tutte e tre le parafrasi proposte hanno riscontro nei Vangeli (cfr. Matteo, XXVII, 2, 28 e 21).


8 O Pilato… accusato: O Pilato, non fare tormentare mio (meo) figlio, perché io ti posso (te pòzzo) dimostrare (mustrare) come è stato accusato a torto. Di nuovo, il discorso di Maria e la sua protesta d’innocenza sono tutti interni alla logica puramente umana della madre.


9 Crucifige… senato: Crocifiggilo, crocifiggilo (crucifige, imperativo latino)! Chi (omo che) si proclama re (se fa rege), secondo la nostra legge contraddice al potere romano (senato, metonimia). Fonte di questi versi è Giovanni, XIX, 15 («Ille autem clamabant: tolle, tolle, crucifige eum» [«Ma quelli gridarono: “Via, via, crocifiggilo!”»]) e XIX, 12 («Omnis enim qui se regem facit, contradicit Caesari» [«Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare»]).


10 Prego… pensato: Vi prego di capirmi (che mm’entennate), pensate al (nel) mio dolore: forse (forsa, dal latino forsan) voi ora (mo, avverbio di tempo tipico dei dialetti centro-meridionali) cambierete <opinione> riguardo a ciò che (de che) avete pensato.


11 Traiàn… chiamato: Tiriamo fuori <dal carcere> i ladroni, che siano i suoi (soi) compagni (compagnuni; il sostantivo indica, in senso spregiativo, i compagni di brigata): venga incoronato (s’encoroni) di spine, perché si è proclamato (clamato, dal latino clamare) re. Il riferimento è ancora una volta ai Vangeli (cfr. Matteo, XXVII, 38).


12 O figlio… angustiato: O figlio, figlio, figlio, figlio, amoroso giglio! Figlio, chi conforta il (dà consiglio al) mio cuore tormentato? La ripetizione della parola «figlio» (che nella lauda ricorre per ben quaranta volte) genera un pathos immediato e di facile percezione per un pubblico popolare, in accordo con la tendenza all’umanizzazione del sacro che caratterizza questa lauda. Il giglio è simbolo di purezza.


13 Figlio… lattato: O figlio dagli occhi giocondi, o figlio, come mai (co’) non rispondi? O figlio, perché ti nascondi al petto dal quale sei stato allattato (o’ si’ lattato; il petto indica, per sineddoche, la madre)? Sul piano stilistico, si noti l’accostamento diretto (v. 44) tra il sostantivo «figlio» e l’apposizione «occhi iocundi», che ha funzione di complemento di qualità (figlio dagli occhi giocondi); tale semplificazione sintattica è funzionale alla destinazione popolare del testo: come nota Contini, tipico di Jacopone è l’uso di presentare «coordinazione e impressione anziché subordinazione e prospettiva».


14 Madonna… levato: Madonna, ecco la croce che la gente porta (l’aduce: il pronome personale «l’» è pleonastico), sulla quale <Cristo>, la vera luce, deve (dèi) essere innalzato (levato, concordato al maschile con il sottinteso «Cristo»).


15 O croce… peccato: O croce, e cosa farai? Prenderai (torrai) mio figlio? E di cosa accuserai (que ci aponerai) <colui> che non ha (non n’à) in sé <alcun> peccato?


16 Soccurri… martirizzato: Soccorri<lo>, <o>, piena di dolore, perché () tuo figlio viene spogliato; pare che la gente voglia che sia martirizzato. L’invocazione alla Madonna «plena de doglia» rimanda all’Ave Maria («gratia plena».)


17 Se i… ensanguenato: Se gli (i) togliete le vesti (el vestire) lasciatemelo (lassatelme) vedere, come nel ferirlo crudelmente l’hanno tutto insanguinato! Gli infiniti «vestire» e «firire» sono sostantivati.


18 Donna… ficcato: Donna, gli viene presa la mano, e nella (ennella) croce viene stesa; con un chiodo (bollon) l’hanno spaccata (fesa), tanto ce l’hanno ficcato.


19 L’altra… multiplicato: Si prende l’altra mano, la si stende nella croce, e diviene più vivo (s’accende) il dolore, che è ulteriormente accresciuto (ch’è più multiplicato).


20 Donna… sdenodato: Donna, si prendono i piedi (li pè) e li si inchiodano (clavèllanse, verbo derivato dal sostantivo latino clavus, “chiodo”) al legno (lenno); aprendo ogni giuntura, lo hanno tutto slogato (sdenodato). Questa strofa e le due precedenti contengono il racconto in presa diretta della crocifissione (notevole l’indugio sui particolari anatomici e il rallentamento del ritmo narrativo prodotto dal succedersi – quasi cinematografico – dei primi piani su ciascuna delle mani e poi sui piedi di Cristo). Da questo momento il Nunzio scompare ed entra in scena Gesù.


21 Et eo… dilicato: E io comincio il lamento funebre (corrotto); <o> figlio, mia consolazione (deporto, provenzalismo da deport), figlio, chi ti ha ucciso (t’ha morto), figlio mio squisitamente bello (delicato: l’aggettivo assume secondo Contini questo significato, richiamando il latino deliciae)? Il «corrotto», lamento funebre (dal latino cor ruptus o animus corruptus) era un rito pubblico largamente praticato. Qualcuno ha ipotizzato una interpolazione del verso 76, in cui Maria (in effetti con scarsa verosimiglianza psicologica) annunzia, con una sorta di fredda didascalia, che sta per iniziare il suo disperato lamento. L’ipotesi potrebbe essere rafforzata da una osservazione di carattere metrico: è questa, infatti, l’unica strofa di tutta la lauda in cui alla rima si sostituisce l’assonanza («corrotto» : «deporto»).


22 Meglio… desciliato: Avrebbero (averieno) fatto meglio a strapparmi il cuore, che sulla croce è trascinato e ci sta (stace) straziato (desciliato).


23 O mamma… afferato: O mamma, dove (o’) sei venuta? Mi procuri una ferita mortale, poiché il tuo pianto, che vedo (ch’el veio) così angosciato (afferato), mi uccide (stuta: il verbo stutare, affine al francese tuer, è ancora usato in Italia meridionale col significato di spegnere). Significativo l’uso della parola «mamma» da parte di Cristo; l’etimo latino del termine indica infatti il petto, la mammella: si tratta quindi originariamente di una sineddoche, del tutto affine a quella con cui Maria aveva designato se stessa al v. 47, definendosi dinanzi al figlio come «petto o’ si lattato».


24 Figlio… spogliato: Figlio, <piango> perché io ne ho motivo (ch’eo m’aio anvito), <o> figlio, padre (pat’) e marito! Figlio, chi ti ha ferito? Figlio, chi ti ha spogliato? La triplice apposizione «figlio, pat’e mmarito», oltre a rappresentare l’intensità del legame umano tra madre e figlio, si spiega con riferimento alla Trinità: Cristo è visto come Padre (cioè Dio), come Figlio e come Spirito Santo: la parola «marito» appartiene infatti al campo semantico dell’amore, e perciò si collega allo Spirito, che è esso stesso amore (del resto, è proprio per virtù dello Spirito Santo che Maria ha concepito Gesù). Siamo di fronte alla contaminazione tra lessico dell’amor sacro e lessico dell’amor profano, già altre volte riscontrata nell’opera di Jacopone. Tale triplice apposizione ricorre nei testi latini che trattano della passione di Maria (come il Liber de Passione Christi et doloribus et planctibus Matris eius dello Pseudo Bernardo: «tu mihi pater… tu mihi sponsus, tu mihi filius».


25 Mamma… aquistato: Mamma, perché ti lamenti? Voglio che tu rimanga (remagni) e che assista i miei compagni, che ho (aio) acquistato nel mondo, cioè gli apostoli.


26 Figlio… fiato: Figlio, non dire questo! Voglio morire con te (teco), non mi voglio allontanare (partire) fino a quando non avrò più il respiro (fin che mo ’n m’esc’ el fiato).


27 C’una… scura: Che <noi due> abbiamo un’unica sepoltura (c’una aiàn sepultura: il congiuntivo «aiàn» ha valore desiderativo), <o> figlio di mamma infelice (scura).


28 trovarse… affocato: la proposizione infinitiva retta da «trovarse» si può, secondo Contini, parafrasare così: che madre e figlio soffocato (affocato; ma può anche significare ucciso con violenza) siano(trovarse) nel fondo della prostrazione (afrantura)!


29 Mamma… appellato: O mamma col cuore afflitto, ti metto nelle mani di Giovanni, mio prediletto; sia chiamato tuo figlio. Queste parole, come quelle della strofa successiva, ricalcano direttamente il Vangelo (Giovanni, XIX, 26-27).


30 Ioanni… furato: Giovanni, ecco mia madre (èsto mea mate): prendila nel tuo amore (tollile en caritate), abbine (àggine) pietà, perché ha il cuore così trafitto (furato).


31 Figlio… attossecato: Figlio, l’anima ti è uscita, o figlio della smarrita (il participio indica la condizione di Maria che ha perso ogni ragione per vivere), figlio della disperata (sparita: significa distrutta, annichilita dal dolore), figlio avvelenato (attossecato)! Il participio «attossecato» è usato in modo metaforico: Cristo infatti ha bevuto il calice con cui si addossa le colpe del mondo (cfr. Giovanni, XVIII, 11). Ma potrebbe esserci anche un riferimento a Matteo, XXVII, 48, dove si racconta del centurione che inumidisce le labbra di Cristo in croce con una spugna imbevuta di aceto.


32 Figlio… lassato: figlio bianco e rosso, figlio senza simili (senza somiglio), figlio, a chi mi rivolgo (m’apiglio)? Figlio, mi hai veramente abbandonata (pur m’ài lassato)! La dittologia «bianco e vermiglio» è frequente in Jacopone per designare la bellezza del volto; un precedente lo si ritrova nel Cantico dei Cantici, V,10 («il mio diletto è bianco e rosso»); l’aggettivo «vermiglio» è però di derivazione provenzale.


33 Figlio… sprezzato: Figlio bianco e biondo, figlio dal volto che dà gioia (giocondo); figlio, perché il mondo ti ha così disprezzato?


34 Figlio… trattato: Figlio dolce e piacente, figlio dell’addolorata (dolente), figlio, la gente ti ha (àte) trattato malamente.


35 Ioanni… profitizzato: Giovanni, nuovo figlio, è morto tuo fratello (’l tuo fratello: l’articolo determinativo «’l» davanti al possessivo, con alcuni nomi di parentela, è un uso antico ancor oggi presente nel dialetto toscano). Ora sento la ferita (’l coltello: metonimia) che fu profetizzata. Nei Vangeli, Simeone predice a Maria il destino di Gesù e il suo dolore di madre: «tuam ipsius animam pertransiet gladius» [«E anche a te una spada trafiggerà l’anima»] (cfr. Luca, II, 35).


36 Che… impiccato: Che muoiano (moga) il figlio e la madre afferrati da un’<unica> morte; che madre e figlio appeso (impiccato) si trovino abbracciati (abbraccecate: la finale «e» per «i» è un tipico tratto umbro, come nel precedente «afferrate»). La stessa invocazione è presente nei testi latini che trattano della sofferenza di Maria (ad es. Pseudo Bernardo: «mors… trucida matrem et cum filio periri simul»; anche l’uso del participio «impiccato» potrebbe derivare dallo Pseudo Bernardo: «suspendite matrem cum suo pignore»).








BUONA SANTA PASQUA

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martedì, aprile 11, 2006

Prima che sia finita...

Non riesco a trattenermi e devo scrivere qualcosa prima dei risultati definitivi. E, visti i risultati parziali, mi permetto di dire a chi ha scritto le seguenti frasi, che, per fortuna, in rete ci sono giornalisti e commentatori molto più abili, intelligenti, lungimiranti e liberi di lui:

"Eppure, non riesco a essere pessimista. Fra poche ore termina un conto alla rovescia cominciato molti anni fa. In ogni caso sarà finita. Se Berlusconi dovesse vincere, dopo questi cinque anni di governo e una campagna elettorale spazzatura, si prenderà atto che LA NAZIONE E' IMPAZZITA, AVVIATA DAL DECLINO AL COLLASSO SUDAMERICANO. Altrimenti, ed è per fortuna l'ipotesi di gran lunga più probabile, s'inaugura una stagione del tutto nuova. (...)" Curzio Maltese, "Il Venerdì di Repubblica" n.942, 7/4/2006 p.13

E complimenti per aver capito il nostro Paese!

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