Il primo della classe
Sono reduce da un incontro di lavoro in cui un collega mi ha fatto osservare che, nonostante spesso i miei interventi siano condivisibili, non riscuotono il consenso che meriterebbero, perché l'atteggiamento con cui li espongo è da "primo della classe".
Leggendo sull'ultimo Venerdì di Repubblica, la risposta di Eugenio Scalfari al Sig. Gherardi di Pisa, ho provato la stessa sensazione.
Ma come? il motivo per cui in Italia qualcuno può essere d'accordo con ciò che dice la Chiesa è, per Scalfari, solo il frutto di un più o meno conscio "indottrinamento ricevuto in famiglia, in parrocchia, a scuola"?
E chi, pur vivendo in Italia, non ha ricevuto questo condizionamento che ottunde la capacità di discernere tra bene e male, come ha fatto ad esserne immune? E' stato il destino, insegnamenti illuminati ottenuti parallelamente, il proprio merito o un beffardo dono della Provvidenza?
Io credo che sia questa la "sindrome da primo della classe" di cui mi accusava il mio collega: pensare che quasi tutti gli altri siano degli idioti. Sindrome che impedisce di riscuotere consensi, spesso anche quando si sollevano argomenti importanti e decisivi.
E' quindi esercitando il mio diritto di fare il primo della classe che voglio dire ad Eugenio Scalfari che la Chiesa è così ascoltata non perché gli Italiani siano degli idioti di cui vergognarsi, ma perché dalla Chiesa si sentono accolti e trovano risposte che un atteggiamento come il suo non permette di trovare.
La Chiesa, oggi, non pretende che tutti capiscano, né si permette di dare dell'idiota a chi non lo fa. Attende pazientemente che ciascuno faccia il suo cammino, consapevole di essere portatrice di verità che la trascendono. E' in grado di chiedere scusa, ma soprattutto di perdonare, ponendo proprio la misericordia divina a modello della vita di ciascuno.
Etichette: Chiesa, Eugenio Scalfari
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