Discorsi da bar: Prodi e la Chiesa

"Dobbiamo tutti fare il nostro dovere di contribuenti, perché tutti possano pagare meno. Per cambiare mentalità occorre che tutti, a partire dagli educatori, facciano la loro parte, scuola e Chiesa comprese. Perché quando vado in Chiesa questo tema, che pure ha una forte carica etica, non è quasi mai toccato nelle omelie?" (Famiglia Cristiana, n.31, 5 agosto 2007, pag. 26)
La rete era stata lanciata e non c'era scampo: se qualcuno avesse deciso di stigmatizzare il suggerimento omiletico di Prodi, ricordandogli che le prediche nelle Chiese non sono di competenza della politica, qualcuno avrebbe potuto osservare: "ma come? i preti possono dirci come fare le leggi e noi non possiamo dir loro come fare le prediche?" Se, d'altra parte, si fosse obiettato non sull'opportunità del consiglio, ma sul suo contenuto, qualcuno avrebbe potuto insinuare il dubbio che la Chiesa giustificasse anche gli evasori fiscali, i quali, com'è noto, sono, insieme coi pedofili (soprattutto se preti, sento adesso la notizia di Don Gelmini...), la feccia della terra.
Come uscire, dunque, da questa ragnatela, tessuta con machiavellico ingegno?
Tacendo, oppure limitandosi a riconoscere che l'evasione fiscale è sicuramente un peccato. Starà nell'astuto Prodi dimostrare l'opportunità e la giustizia dei balzelli ai quali ci sottopone. Se qualche solerte sacerdote vorrà farlo presente, domenica prossima, pur non condividendone gli intenti, non smetterò di andare in Chiesa, ma di sicuro smetterò di aver rispetto per questo modo di far politica...
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