La moglie di Dante
Ho pensato spesso alla moglie di Dante Alighieri. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che il grande poeta, che con tanta sensibilità sapeva descrivere le vibrazioni di un cuore innamorato, non avesse mai sentito la necessità di dedicare una riga alla donna che aveva sposato e che gli aveva dato quattro figli. E' vero che il matrimonio era combinato, come del resto quasi tutti i matrimoni dell'epoca. Ma come poteva un cristiano del calibro di Dante Alighieri, apparire così indifferente ad una delle esperienze centrali della vita di un uomo? Poi, l'apparente crudeltà di Dante cominciò a stemperarsi riflettendo sulla funzione sociale del matrimonio. Furono soprattutto le dolorose esperienze di parenti, amici e conoscenti, sposatisi per amore e ritrovatisi soli ad affrontare conflitti strazianti, a convincermi che questo tipo d'unione, privo di più radicate motivazioni, non fosse sufficiente ad evitare ferite, litigi per beni e figli, rancore e desiderio di vendetta. Il matrimonio medievale, al contrario, poteva avere poco a che fare con l'amore, ma, perlomeno, mi appariva come un'esperienza condivisa di impegno a favore della società.
La diffusione di questo modello cristiano di famiglia, in cui il padre deve provvedere al mantenimento e all'educazione della prole, la madre alla generazione e all'allevamento dei figli insieme con i compiti domestici, era assimilato a un dovere morale e sociale: ognuno svolgeva il ruolo che la natura gli aveva assegnato, e contribuiva alla riproduzione nel tempo del gruppo sociale di appartenenza. Era un modello che non nasceva dall'amore fra i coniugi: l'amore, o piuttosto l'affetto, se veniva, arrivava in un secondo tempo, grazie alla vita in comune e alla condivisione degli interessi famigliari.(Lucetta Scaraffia, "Una riflessione sul valore aggiunto della famiglia in prospettiva storica", in "Ri-conoscere la famiglia: quale valore aggiunto per la persona e la società. Decimo rapporto CISF sulla famiglia italiana." a cura di Pier Paolo Donati, San Paolo 2007, pag. 357)Il concetto di "matrimonio romantico", che oggi appare come una conquista irrinunciabile, fu un altro dei regali che ci fece l'illuminismo. Ma, anche in questo caso, la trasformazione di un dovere sociale in un diritto, affidato alla coscienza individuale, cancellò l'indissolubilità di un patto pubblico e abbandonò i coniugi alla solitudine caotica dell'arbitrio privato. Così, oggi, credo sia difficile affermare con sicurezza che la vita famigliare di Dante e Gemma Donati, capaci di essere sposi e genitori, magari senza neppure l'affetto, sia stata peggiore di quella di tante coppie, sposatesi per amore, ma incapaci di superare anche la più insignificante difficoltà, una volta sparita la passione.
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