sabato, novembre 05, 2005

La catena di S.Antonio "spirituale"

L'altro giorno ricevo, da persona amica e degna della mia fiducia, il seguente sms:
"Pregare per PADRE FERDINANDO FLORES un missionario che sarà giustiziato a botte oggi in TIMOR. Per favore manda questo sms a tutti i cristiani"
Di norma, non sono favorevole alle catene, ma un missionario che viene massacrato a pugni mi fa un certo effetto e così... inoltro!
Non a tantissimi, ma di sicuro a quelli che so sensibili e che, come ho fatto anch'io, so che non risparmieranno la recita di un Pater per un confratello così sfortunato.
Meno male che, oltre ad essere amici, ad essere cristiani e ad essere sensibili, sono pure spiritosi! Infatti uno di loro mi chiama e mi dice: "Hai visto la potenza della preghiera! Il Padre Flores non è più in pericolo!". Poi mi racconta la verità che potete leggere nel sito del PIME. Basta catene! E grazie a Dio per i miei amici!

PS: Mi ha scritto anche Claudio: "Io ho pregato lo stesso male non farà". Sono d'accordo, grazie anche a te.

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martedì, novembre 01, 2005

Dove si comprano i libri? - Prima puntata

Dopo aver letto la citazione precedente, la risposta sembrerebbe scontata: i libri si comprano in libreria. Eppure è partendo da questa domanda che si può cominciare a parlare dell'attuale tragica situazione del mercato editoriale italiano.
Facciamo un po' di storia.
Per sommi capi l'andamento della vendita dei libri in Italia negli ultimi 50 anni si svolto così: in principio c'era la libreria-tempio, dove il libraio-sacerdote, dall'alto del suo banco, dispensava colti consigli ai colti clienti che osavano entrare e confrontarsi con un tale depositario di sapienza. L'ingresso era difficoltoso non solo per la gente comune, ma anche per alcuni editori che, se sgraditi al libraio o non dotati di una rete vendita all'altezza, non venivano accolti tra gli scaffali. I cattolici furono tra i primi a capirlo e si organizzarono vendendo i propri libri nelle librerie religiose. Anche alcuni editori laici non accettarono di far dipendere le loro sorti dall'arbitrio di pochi commercianti, seppur colti e illuminati. Nacque così un altro tipo di libreria, che tentando di "democratizzare" gli acquisti, favorì l'incontro anche fisico tra il cliente e il libro. Esempio più riuscito di questa tendenza furono le librerie Feltrinelli, che cominciarono a diffondersi in tutta Italia, confermando che questa strada conveniva anche economicamente.
Gli editori dopo un attimo di smarrimento riorientarono le loro strategie di vendita. In queste nuove grandi strutture, il libraio contava meno e meno la rete promozionale. Non era più il consiglio dell'esperto a far vendere, ma la presenza massiccia del proprio prodotto sui banchi e gli scaffali, le copertine allettanti e le campagne pubblicitarie. Per ottenere questo obiettivo gli editori cominciarono a moltiplicare le uscite delle "novità", facendo a gara per scalzare gli avversari dai punti più commercialmente appetibili. Diedero ai librai, sempre più ridotti al rango di commessi, libertà quasi assoluta sul "diritto di resa", un abominio commerciale che permise alle librerie di restituire il prodotto invenduto, ma che in poco tempo si trasformò in un ricatto per obbligare i librai ad aquistare tutto quello che veniva loro proposto ("tanto lo potete rendere...").
Questo sistema permise di stampare tirature sempre più grandi e ingiustificate, ma riempì i magazzini degli editori di libri invenduti che bisognava buttare al macero.
Per salvare qualcosa ci si inventò persino un secondo mercato: il metà prezzo.
Ma non bastava.
Alla fine degli anni '70 comparvero i primi libri nella grande distribuzione (ricordo la Standa di Berlusconi, in via Rizzoli a Bologna con un piccolo e "scandaloso" reparto). I librai tradizionali ridevano: "chi vuoi che vada a comprare i libri dove si vendono alimentari e vestiti?!". Ma i più furbi avevano già capito che ciò che contava, per conquistare il mercato, non era "fare buoni libri", ma acquisire sempre più il controllo della catena distributiva, concentrando i propri interessi sulla commercializzazione piuttosto che sulla produzione.
E allora si razionalizzò!
Fine prima puntata...

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lunedì, ottobre 31, 2005

Un dinoSauro nel mondo dei libri

Ho trovato in rete un articolo dell'amico Sauro Sagradini, morto qualche mese fa.
Lo pubblicò nel 2003, sul suo blog LIBROSAURI. Per una questione di libri. Storie, commenti e presentazioni di libri e fatti librari.
Anche se è un po' lungo, lo ritengo uno strumento utilissimo per chi voglia provare a capire il mondo dell'editoria italiana negli ultimi 50 anni. Sauro inventava anche le parole e credo sia suo l'aggettivo che usa qui e che lo descrive benissimo: libridinoso:
Remainders' Book Italiano. Una concreta utopia. La storia, le persone, le idee.
Introduzione “ Remainders, voce inglese che significa rimanenza, giacenza. Indica la vendita attraverso una rete di librerie convenzionate dei libri ritirati dal mercato tradizionale, che vengono offerti al pubblico a metà prezzo o con forti sconti. Il fenomeno, presente negli Stati Uniti e in altri paesi europei fin dall’inizio di questo secolo, approdò in Italia per iniziativa di Biagio Melloni, a cui venne l’idea commerciale di sfruttare le enormi giacenze delle case editrici italiane. La prima libreria r. aprì a Milano nel 1964, altre aperture seguirono l’anno successivo a Roma sempre a opera di Melloni. La nascita di questo circuito alternativo della distribuzione libraria fu inizialmente contrastata dai librai tradizionali, ma appoggiata da alcuni grandi editori (Mondadori, Sansoni, Feltrinelli) che rifornivano le nuove librerie r. con le loro giacenze di magazzino. La distribuzione e la vendita dei libri r. venne legalizzata e regolamentata con l’accordo del 1965 tra AIE e ALI, che creò due distinti mercati paralleli e indipendenti per i libri scontati e il libro tradizionale. Da quel momento le librerie r. proliferarono velocemente: erano già 29 nel 1978 e circa 100 i servizi autorizzati alla vendita. Il sistema di presentazione r. si basò all’inizio anche sui cataloghi che contenevano le fotografie dei libri disponibili e un testo di presentazione, ma la soluzione del catalogo venne abbandonata ben presto a causa dei costi troppo elevati. Le ragioni per cui un libro entra nel circuito r. sono svariate e possono essere sintetizzate in: errori di valutazione dell’editore o dell’autore (titolo inefficace, argomento inattuale o superato, tiratura eccessiva, ristampa affrettata); semplice indifferenza del pubblico; prezzo di copertina troppo elevato; fine di una collana; fallimento di una casa editrice; seconda scelta, cioè libri difettosi o danneggiati e che vengono inviati al r. con un apposito marchio in quarta di copertina. In molti casi tuttavia, i r. offrono l’opportunità di recuperare testi interessanti, già invenduti, per l’uno e per l’altro, dei motivi suddetti al tempo della loro apparizione ma validi: come ben sanno del resto molti librai antiquari, che non mancano di visitare periodicamente i remainder. Attualmente la vendita al dettaglio dei libri r. viene effettuata attraverso bancarelle stabili o itineranti, mostre-mercato nelle piazze principali delle città con esposizioni spesso promosse dagli enti pubblici, e per corrispondenza. E’ però nelle librerie specializzate che il libro r. trova la sua collocazione più adeguata ”. Del tanto dire e scrivere che si è fatto e si fa ancora del Remainders, la voce qui sopra riportata – scritta di Adriano Bon e tratta dal suo “ Manuale enciclopedico della bibliofilia ” (Milano, 1997, Edizioni Sylvestre Bonnard) ci è sembrata la più corretta, anche se alcune precisazioni (persino sostanziali) sono opportune. Una storia, questa del sorgere del Remainders spesso confusa e mistificata per successive convenienze private. Qui proponiamo – facendo anche ricorso alla nostra memoria personale di persona nei cinque anni iniziali totalmente coinvolta nel progetto, supportandola coi documenti da me conservati e con le testimonianze dei sopravvissuti – una ricostruzione, una rivisitazione che dovrebbe risultare di un qualche interesse per i giovani e i meno giovani. Senz’altro per la gran quantità di addetti ai lavori che si rifanno a questa sigla proponendosi come continuatori di una iniziativa che fu sconvolgetente per quegli anni e segnò il mercato editoriale in modo indelebile. Prima del Remainders. Già esistevano sul mercato italiano librai che facevano i “blocchisti”, cioé che prelevavano partite di libri dai magazzini degli editori pagandoli a prezzi scontatissimi tali da permettergli di rivenderli alle bancarelle (o direttamente attraverso i loro cataloghi di vendita postale). Arnaldo Nanni, libraio in Bologna, era uno di questi e passò alla storia quando prelevò le rimanenze-giacenze della fallita editrice Fratelli Bocca, come anche, in seguito, invidiabile fu il suo rapporto con l’editore Laterza di Bari dal quale ritirava le rimanenze delle collane dismesse e che Nanni rimetteva in circolazione col contagocce; lo stesso Biagio Melloni fu dipendente del Nanni e girò l’Italia qualche mese vendendo ai bancarellai i libri accumulati nei magazzini bolognesi. Anche altri esercitavano lo stesso mestiere. Ricordiamo Manusé a Milano in piazza Meda (che ritirava le rimanenze della Hoepli) e poi non pochi librai di via Port’Alba a Napoli; e – molto importanti – i “pontremolesi” che dopo la “gerla” dai loro magazzini fornivano i loro tanti consanguinei sparsi per l’Italia. Loro senz’altro interlocutori privilegiati degli editori, almeno da quando nel 1953 istituirono il “Premio Bancarella”, subito ambitissimo da autori e editori. E’ anche vero che, allora, gli editori stampavano libri che dovevano durare nel tempo e per i quali era preventivata una lenta rotazione: i best-seller non esistevano ancora. Solo alcuni generi “tiravano”: i gialli, la letteratura rosa, la narrativa di guerra e una certa manualistica specializzata e proposta dai soliti specializzati editori. Quindi le “ rimanenze ” erano rappresentate da collane che l’editore decideva di chiudere o dai magazzini di editori estinti. Il “ Circolo del libro ”: anno 1962 Nasce a Milano in galleria Unione 3, terzo piano, dove Biagio Melloni decide di condividere gli uffici con l’Editore Schwarz di Eugenio Cassin allo scopo di realizzare un Catalogo di vendita per Corrispondenza dei libri che ha ritirato da Cassin stesso e da Roberto Lerici. Eugenio Cassin è fiorentino e fa il pendolare fra Firenze e Milano. Il personaggio che porta avanti la editrice Schawrz è Ennio Cornini, è lui che smuove Cassin e lo induce a presentare a Melloni gli editori, è lui che, da subito, vorrebbe che gli “ avanzi ” fossero venduti da subito al 50% di sconto, è Cornini che porta a Melloni Angela Comello strappandola a ‘il Saggiatore’ e che sarà la redattrice del catalogo; è sempre lui che assume Sergio Martini per curare la parte grafica. E sarà ancora Ennio Cornini che l’anno successivo convincerà il sottoscritto a abbandonare la Commissionaria di Paolo Boringhieri per mettersi con Melloni nella nuova impresa. Non senza clamore e con buoni riscontri di vendita il catalogo è diffuso: niente 50% di sconto ma per ogni libro acquistato in regalo un altro di pari valore. Il primo passo è fatto, e intanto Cassin, Cornini, Melloni e Federico Gentile si sono incontrati a Firenze e hanno concordato un “blocco” senza precedenti dai magazzini Sansoni. Nasce il “Remaiders’ book italiano” L’anno è il 1964 e il nome si deve alla moglie di Eugenio Cassin che, americana, spiega a Melloni che negli Stati Uniti i libri venduti con lo sconto vengono detti Remainders: è fatta! il marchio viene registrato. Intanto i magazzini di via Ripamonti si stanno riempiendo dei libri invenduti di questi editori: Feltrinelli, Sansoni, Mondadori, Silva, Parenti, Nuova Accademia, il Saggiatore, Garzanti, Martello, Schwarz, Editori Riuniti, Edizioni Scientifiche Einaudi, Edizioni di Comunità, Cappelli, Ceschina, Bramante, Sansoni-Phaidon, Silvana editoriale d’arte, Istituto editoriale Brera, Casini, Bestetti, Guanda, Peruzzo. Molto evidentemente la triade Melloni, Cassin, Cornini aveva visto giusto: i magazzini editoriali da svuotare erano senza fondo e agli editori non sembrava vero che si fosse presentato sul mercato un uomo illuminato come Melloni che metteva soldi e idee per rimettere in vendita i loro libri meno fortunati ma non per questo meno di valore. Che poi il Remainders volesse rompere gli schemi, andare contro le regolette che il mercato librario aveva da sempre accettato pedissequamente poco importava. Si vendesse al 50% di sconto poco importava, necessario era smuovere un mercato obsoleto e statico. Solo un anno dopo la Mondadori sconvolgerà ulteriormente il mercato con la collana degli “ Oscar ”: finalmente gli economici diffusi anche in edicola alla faccia dei librai che, immobili, se ne stavano tranquilli dietro i loro banconi a dispensare, centellinandola, cultura e sapere. Contemporaneamente Giangiancomo Feltrinelli decide di “ rompere le vetrine ” e fare delle sue librerie dei self-service dove il cliente entra e liberamente sceglie il suo acquisto. Oggi non c’è libreria che non sia così, ma allora i librai con la “ L ” maiuscola ne rimasero sconvolti. Due furono gli avvenimenti che fecero del Remainders, in quel 1964, un fatto rivoluzionario: la pubblicazione del Catalogo Generale (164 pagine, illustrate a colori e commentate che presentavano oltre 2000 titoli) diffuso in ventimila copie per la vendita diretta per corrispondenza e, il 26 settembre, l’apertura della prima libreria in Galleria Unione a Milano. Servizio Vacanze Remainders Le prove di istallazione e funzionalità si fecero all’Idroscalo di Milano: tre bancarelle superaccessoriate smontabili e rimontabili in fretta e furia, progettate dagli architetti Motta e Signori. Due camion al seguito facevano da magazzino scorte e da unità mobili fra Milano e la piazza della spiaggia sulla quale si sarebbe operato. Cassiere in divisa, operatrici sulle Rank Xerox ultimo modello. Il mio arrivo al Remainders era con un mansionario ben definito nei particolari, quello di factotum addetto allo sviluppo delle vendite con particolare attenzione alle librerie. Le prime visite ai librai furono per me traumatiche, anche vecchi clienti e amici quando sentivano chi rappresentavo, mi mandavano solo e semplicemente… a quel paese. Un’unica eccezione fu la fornitura a Primo Moroni che aveva da poco messo in moto il suo “Club SìoSì": poco, anzi niente visto che Primo era un amico, sensibile ad ogni novità, ma inattendibile come test di mercato. Fu così che si progettò di andare in giro per le spiagge d’Italia a vendere i nostri libri, ad esemplificare le potenzialità di un mercato fin’allora inesistente. Cominciammo con due giorni a Sirmione e poi tutta le piazze della riviera adriatica quindi passammo a quella di Toscana e superato il Bracco fu la volta della due riviere di Liguria. La stagione era finita, ma quello che era il principale dei propositi fu conseguito: dimostrare ai librai che col Remainders bisognava fare i conti. Era il 1965, anno che si dimostrerà decisivo per lo sviluppo della giovane azienda. Roma: la libreria di Piazza San Silvestro Il 2 aprile 1965 s’apre la libreria Remainders di Roma: è di dimensioni fino ad allora mai immaginate per un luogo che deve vendere libri: un grande e ospitale salotto al centro nel quale l’ospite può liberamente sedersi per consultare e leggere i libri esposti, un bar, una sala dibattiti che ogni venerdì sera propone personaggi della cultura che si mettono a disposizione del pubblico per rispondere a domande e curiosità. Un’altra battaglia è vinta: l’orario delle librerie non sarà più vincolato, ma continuato e protratto al servizio del pubblico. Ormai la diatriba con i librai e gli editori é senza esclusione di colpi. I titoli messi in vendita ed esposti tutti di fronte (sì, proprio come qualsiasi altra merce in un supermercato) sono almeno 15000. I librai reagirono in modo inconsulto, sospendendo gli acquisti di quegli editori che erano in rapporti commerciali col Remainders. E gli editori? Questa la lettera che Franco Laterza (Gius. Laterza e Figli editori) inviò a tutti i librai italiani: “Caro amico libraio, dal consuntivo della nostra annata commerciale constatiamo con soddisfazione che le vendite delle nostre edizioni hanno avuto un cospicuo incremento, malgrado la congiuntura sfavorevole, corrispondendo pienamente agli sforzi della produzione e per la distribuzione.” La lettera così si concludeva “Vogliamo perciò in questa occasione confermare la nostra linea di condotta, assicurandoLa che continueremo a fare affidamento essenzialmente sui librai, che sulle librerie punteremo sempre di più e che continueremo come in passato a non far ricorso a canali di distruzione del tipo Remainders’ Book.” Laterza aveva scritto, ma i nemici giurati del Remainders erano anche altri a cominciare da Einaudi. In quello stesso anno però fu sottoscritto fra l’Associazione Italiana Editori e l’Associazione Librai Italiani un accordo che regolamentava i rapporti fra le due categorie riconoscendo al Remainders piena dignità di un mercato parallelo. Biagio Melloni poteva ben cantare vittoria: l’illegalità era terminata! Una catena di librerie: la prima in Italia di così grandi dimensioni Nel 1966 erano questi i primi “Servizi autorizzati Remainders”: Arezzo: Libreria Eda Mori – Biella: Libreria Giovannacci – Brescia: Bancarella del libro di Tarantola Alfredo – Bologna: Libreria Internazionale Cappelli – Cremona: Libreria Renzi – Firenze: Libreria Marzocco – Libreria Feltrinelli – Forlì: Libreria Cappelli – Mestre: Libreria Fiera del libro – Napoli: Libreria internazionale Cappelli – Libreria Guida & Figlio – Padova: Libreria Draghi di G. Randi – Pavia: Libreria Europa – Piacenza: Libreria Gobbi Romano – Taranto: Libreria Magna Grecia – Torino: Libreria Internazionale Lagrange – Treviso: Supermercato del libro economico – Trieste: Libreria Internazionale Cappelli – Venezia: Libreria Fiera del libro – Vercelli: Libreria Casa del libro. In tutto venti librai che ci avevano riservato un grande spazio atto a rappresentare degnamente il sempre più vasto catalogo Remainders. Ognuna delle librerie esponeva l’insegna e distribuiva i nostri cataloghi, riceva d’ufficio le novità ogni mese. Allora viaggiavo per tutt’Italia con la mia Fiat 850 coupé rossa, sull’autostrada di Serravalle dovetti fermarmi per la rottura del filo della frizione a un “Servizio Autorizzato Fiat” e così ebbi l’idea di chiamare la nascente catena di librerie, niente di originale ma che piacque tanto a Biagio Melloni. Nel 1968 saranno già 73. Da Caltanisetta a Gubbio, da Nuoro e Oristano a La Spezia, da Siena e Bari a Voghera fino a Lugano. Il territorio nazionale poteva dirsi completamente coperto. Intanto a Milano le librerie dirette Remainders erano diventate 6: a quelle di San Silvestro a Roma e Gallerai Unione a Milano, si erano aggiunte sempre a Milano quelle in Galleria Vittorio Emanuele, in Via Manzoni, in Via Mazzini e a Brescia in Via Palestro. I cataloghi Remainders L’ultimo degno di questo nome è del 1969, poco più di un bollettino, (15° delle serie), importante se non perché presentava la prestigiosissima collana “Enciclopedia degli autori classici ” diretta da Colli e edita da Boringhieri e quello che rimaneva delle edizioni Roberto Lerici. Il Catalogo più rilevante era stato quello pubblicato l’anno precedente: “Il mondo dei libri ”; 118 pagine a colori di grande formato e diffuso in 50.000 copie. Così Biagio Melloni firmava la presentazione: “Gentile lettore, questo catalogo presenta l’elenco analitico di migliaia di opere editoriali, e costituisce la più importante rassegna che una organizzazione libraria abbia mai presentato nel nostro paese. Lo abbiamo realizzato per rendere partecipe una cerchia più vasta di lettori, della straordinaria possibilità di avere libri – di provenienza diretta dall’editore e quindi perfettamente nuovi – con la riduzione del cinquanta per cento sul prezzo di pubblicazione. Rappresenta, per varietà di autori, di autori e di argomenti, un panorama completo, risultato di scelte attente e qualificate, che può soddisfare gli interessi culturali di ogni lettore: dal docente universitario allo studente, dal professionista all’operaio, dal bibliofilo al lettore medio. Dobbiamo subito dire che non abbiamo scoperto niente di nuovo: esistono all’estero i remainders che da anni offrono al pubblico la migliore produzione libraria a prezzi scontati; infatti, è per questa via economicamente naturale ove il prezzo è rapportato alle quantità della domanda e dell’offerta, che tutti i beni di consumo – e il libro fra essi – hanno potuto trovare larga e spontanea diffusione, diventando così strumento di vita e di evoluzione per la collettività. Riteniamo perciò nostro titolo di merito avere esteso, nel settore librario italiano, questo modulo di vendita che si armonizza con le esigenze di una moderna economia in fase di espansione. E’ significativo osservare che in Italia si legge poco, e non si acquistano libri nella misura che si verifica in nazioni anche molto meno progredite della nostra. Da sempre si tenta di ricercarne le cause prospettando una serie di ragioni che si riferiscono alla crisi della scuola, all’analfabetismo, alla concorrenza dei mezzi audiovisivi, ai prezzi (invero concorrenziali con quelli di qualsiasi paese estero), alla carenza dei mezzi distributivi, al clima, e in genere al ritmo frenetico della vita che si conduce oggi. Noi riteniamo invece che ci sia sempre stato qualcosa di più determinante: l’impossibilità, sino all’apparizione fortemente contrastata della nostra organizzazione, di vendere il libro nuovo a un prezzo inferiore a quello fissato al momento della pubblicazione: con la ineluttabile conseguenza che l’editore italiano, dovendo annualmente recuperare i costi provocati dalle giacenze di magazzino e dal capitale esposto, era obbligato frequentemente a ritoccare il prezzo del libro, ma in aumento. Per paradosso, un bene così essenziale come il libro che già tanto scarsamente si vende in Italia, veniva addirittura, ma necessariamente, aumentato di prezzo, per venderlo ancora meno. All’estero, il problema della diffusione del libro, con l’ineguagliabile contributo dei remainders, è stato risolto. Già cinquant’anni fa, ci diceva Arnoldo Mondadori, che ne era stato buon testimone, nelle librerie più importanti di New York, si esponevano libri, forniti dai remainders, del costo di dieci dollari, che venivano offerti per cinque dollari e anche meno: argomento, questo, indubbiamente stimolante per i compratori del libro appartenenti a tutti i livelli sociali. ‘ Un popolo che non legge non ha diritto di chiamarsi libero ’ è stato affermato dalle autorità di governo per solennizzare, purtroppo con scoraggiante impegno di mezzi e di esperti, la settimana della lettura in Italia. Se una classe dirigente matura e responsabile crede a questa vibrante affermazione, che solleva di per sé il tema centrale del paese civile – che intenda democraticamente risolvere i suoi problemi sociali, scolastici, economici e politici – deve dimostrarlo non soltanto a parole. A questa sola condizione è possibile polarizzare sul libro l’attenzione e l’interesse dell’opinione pubblica e di quel 64% di famiglie italiane, che secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, non ne possiedono nemmeno uno: disarmante realtà da paese sottosviluppato che dovrebbe far meditare con serietà e concretezza, e che la nostra organizzazione ha responsabilmente sentito, presentando a Lei lettore questo catalogo. ” Sì, un catalogo come mai si era visto in editoria. Diffuso per posta subito a tutti coloro che erano già clienti e agli altri del vasto indirizzario facendone richiesta rispondendo a una simpatica cartolina che inviammo loro. Non fu un grande successo, almeno non ci fu quel coro di consensi che noi ci si aspettava. Soprattutto gli addetti ai lavori non fecero che storcere il naso; il commento più frequente era di essere “sproporzionato” e ben ricordo il dolore che mi diede l’amico Roberto Cerati della Einaudi quando mi disse: “…un po’ …megalomane ”. Il catalogo “Il mondo dei libri” si inseriva nella pubblicazione di un trimestrale di “informazione” che ci aveva permesso di continuare la nostra sfida nella “Vendita per Corrispondenza” (primo e mai sopito grande amore) e nello stesso tempo di sostenere il lavoro di promozione dei librai che si erano con noi associati, ormai un centinaio. Fine del monopolio Laterza, Einaudi, Il Mulino, Rizzoli, Le Edizioni Paoline, Marsilio, Savelli, Rusconi e quant’altri editori piccoli o grandi non è che non avessero gli stessi problemi che il Remainders aveva messo in evidenza però avrebbero preferito una diffusione per modi più soft, una vendita delle loro rimanenze con modi che salvaguardassero capra (le librerie tradizionali) e cavoli (l’alleggerimento delle scorte accumulate nei magazzini) e così dal 1970 si moltiplicarono gli “stocchisti” e il libro a metà prezzo a cominciare dai 60 autotreni della vecchia BUR che presero la via di Rimini e che saranno il nocciolo di formazione di quella che diverrà nell’arco di appena due lustri l’azienda leader del libro remainders. Intanto Biagio Melloni continua forsennatamente ad aprire nuove librerie di proprietà, nel 1978 sono già trenta, quando in poche settimane decide di smontare il suo “Remainders’ Book Italiano”: vende le librerie ai dipendenti e si fa librario di quella in Galleria Vittorio Emanuele II in Milano. Di questa ritirata si è detto e ridetto, spettegolato a non finire: “…non sapeva fare i conti ” , “…collaboratori che usavano il Remainders per il loro tornaconto privato”, di un famigerato impegno verbale che la Mondadori non aveva ottemperato rifiutandosi di entrare in società con il Melloni. Crediamo di aver ben conosciuto quest’uomo cocciuto e geniale e crediamo che le vere ragioni siano da far risalire a due ragioni: il tradimento che l’editoria aveva perpetrato nei suoi confronti non ritenendolo più interlocutore insostituibile del nuovo mercato di cui era stato il creatore; e, ancor più, la nascita di un’industria culturale che avrebbe appiattito la produzione libraria a livelli sempre insopportabili. Quando un editore ci proponeva le sue rimanenze con Melloni erano giornate laboriosissime, si stava a sciegliere, a discutere e soppesare titolo per titolo valutandone la giacenza, l’immagine (la copertina, se da rifare) e la vendibilità. Sinceramente, perciò, anche in questa sua scelta Melloni ci sembra ancora una volta di una rara perspicacia, anche al di là delle stesse sue affermazioni pubbliche sull’argomento. Il mondo dei libri stava prendendo una strada che al buon Biagio non piaceva e che sarebbe piaciuta sempre meno. Meglio ritirarsi e restare il depositario ideale di un “mito” tramontato. Del resto anche dalla sua unica libreria di Galleria Vittorio Emanuele, ha insegnato un’altra cosa ai suoi imitatori; che lui riusciva a vendere i suoi “gioielli ” cioè le migliaia di libri che aveva accuratamente accantonato al 75%: una pacchia per i librai dell’antiquariato che per anni, nel mese di settembre, andavano a fare incetta di testi rarissimi e introvabili per poi proporli a prezzi esorbitanti nei loro cataloghi internazionali. Poi questa svendita del 75% delle rimanenze rimaste hanno principiato a farlo anche altre fiere, bancarelle, librerie: nessuna qualità, e si vedeva a occhio nudo. I Remainders oggi Scrive Piergiorgio Bellocchio nel suo bel libro ‘ Oggetti smarriti ’ (1996, Baldini&Castoldi, pp. 180): “ Nel mio odio verso tutto ciò che è ‘ novità ’ editoriale – per il 99% porcheria inutile che viene prodotta perché esiste un’industria culturale, cioè per alimentare una macchina affinché produca altra porcheria – sfogo il vice impuni rileggendo, o leggendo per la prima volta, libri che già possiedo. Gli scarsi acquisti li faccio quasi unicamente sulle bancarelle, in qualche vecchia libreria un po’ sbadata in fatto di rese, ai Remainder’s e simili. Anche in questi luoghi il 99% della merce è porcheria, invenduta perché invendibile: innumerevoli piccoli monumenti o lapidi in cui la volgarità e l’ignoranza, l’insania e la truffa, cui sarebbe bastato farla franca per una stagione (esaurite la tiratura), sono condannate a un’imbarazzante durata. (…). Tuttavia, in questi cimiteri non mancano incontri assai più graditi di quelli che offrono le librerie, oltre che economicamente più vantaggiosi. Si tratta intanto di libri di cui non devo vedere la pubblicità sui giornali, né sentir parlare in televisione, né leggere i soffietti indecorosi di critici che fingono di farne la recensione. Non c’è pericolo che i registi ne traggono dei film. Gli autori sono quasi tutti morti (se qualcuno sopravvive, il libro è comunque ben morto) e pertanto non possono essere intervistati, con risparmio di risposte melense a domande imbecilli. Né possono scriverti, telefonarti, fermarti per strada per chiederti, se non una recensione, di dire ‘ in tutta franchezza ’ che cosa ne pensi. A questi pregi, già notevoli, va aggiunto che questi libri possiedono spesso una dignità editoriale (cura redazionale, qualità di stampa, carta, legatura ecc.) molto superiore ai prodotti odierni, i quali non sarebbero certamente in grado di affrontare le prove per cui sono passati i loro vecchi fratelli e colleghi, impaccati e dispaccati più volte, caricati e scaricati, esposti al sole, all’umidità, alla polvere, variamente manipolati e talvolta perfino letti. Sono insomma dei ‘libri’, quella cosa che ancora vent’anni fa veniva conservata senza vergogna in uno scaffale di casa, con un pensiero ai figli; una cosa radicalmente diversa dalla merce attuale di cui a lettura finita, se non prima, devi gettare i resti nella pattumiera. Porto qualche esempio. Almeno fino a poco tempo fa, ai Remainder’s era disponibile…”. Da qui in avanti Bellocchio dà inizio alle sue ricerche e recensioni dei libri ritrovati: il suo un libro da leggere! Purtroppo esaurito e più ristampato. Alcuni fatti nuovi dal 1996 ad oggi si sono affacciati sul mercato del libro. Il primo è che gli editori, forse stanchi di aspettare che i librai si dessero una mossa, hanno deciso di vendere la loro migliore produzione nelle edicole con ottimi risultati (libri allegati a periodici e quotidiani), ancora una volta i librai hanno reagito sentendosi traditi nella loro missione di ‘librivendoli ’ assai poco ‘libridinosi’ . Ancora una volta, esattamente com’era accaduto al sorgere del Remainders, rivendicando un loro diritto d’esclusiva per la vendita della merce libro. Il secondo fatto nuovo è la possibilità per il lettore attento di consultare Internet e, valutare direttamente quali libri acquistare, come e dove e al miglior prezzo. Il terzo fatto è che il regime di monopolio del libro venduto con lo sconto può dirsi ricostituito. La “ Stock Libri ” di Rimini sembra avere solo un grande problema, quello di ampliare i magazzini: 17.000 titoli (disponibili) di oltre 350 marche editoriali, centinaia di librai italiani che si riforniscono e che vendono libri a prezzi scontati del 50% e oltre. L’utopia remainders, quella degli anni Sessanta, è svanita in una frammentazione di opportunità che il lettore deve affidare spesso al caso, alla buona volontà, preparazione del proprio libraio. Manca anche un sito Internet a cui fare riferimento, o meglio, ne esistono parecchi che si fregiano di essere dei remainders ma tutti che offrono gli stessi titoli, in gran parte libri dal basso profilo che manderebbero in bestia Piergiorgio Bellocchio.

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domenica, ottobre 30, 2005

Grazie, Signor Darwin!


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