martedì, maggio 20, 2008

La moglie di Dante

Ho pensato spesso alla moglie di Dante Alighieri. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che il grande poeta, che con tanta sensibilità sapeva descrivere le vibrazioni di un cuore innamorato, non avesse mai sentito la necessità di dedicare una riga alla donna che aveva sposato e che gli aveva dato quattro figli. E' vero che il matrimonio era combinato, come del resto quasi tutti i matrimoni dell'epoca. Ma come poteva un cristiano del calibro di Dante Alighieri, apparire così indifferente ad una delle esperienze centrali della vita di un uomo? Poi, l'apparente crudeltà di Dante cominciò a stemperarsi riflettendo sulla funzione sociale del matrimonio. Furono soprattutto le dolorose esperienze di parenti, amici e conoscenti, sposatisi per amore e ritrovatisi soli ad affrontare conflitti strazianti, a convincermi che questo tipo d'unione, privo di più radicate motivazioni, non fosse sufficiente ad evitare ferite, litigi per beni e figli, rancore e desiderio di vendetta. Il matrimonio medievale, al contrario, poteva avere poco a che fare con l'amore, ma, perlomeno, mi appariva come un'esperienza condivisa di impegno a favore della società.
La diffusione di questo modello cristiano di famiglia, in cui il padre deve provvedere al mantenimento e all'educazione della prole, la madre alla generazione e all'allevamento dei figli insieme con i compiti domestici, era assimilato a un dovere morale e sociale: ognuno svolgeva il ruolo che la natura gli aveva assegnato, e contribuiva alla riproduzione nel tempo del gruppo sociale di appartenenza. Era un modello che non nasceva dall'amore fra i coniugi: l'amore, o piuttosto l'affetto, se veniva, arrivava in un secondo tempo, grazie alla vita in comune e alla condivisione degli interessi famigliari.(Lucetta Scaraffia, "Una riflessione sul valore aggiunto della famiglia in prospettiva storica", in "Ri-conoscere la famiglia: quale valore aggiunto per la persona e la società. Decimo rapporto CISF sulla famiglia italiana." a cura di Pier Paolo Donati, San Paolo 2007, pag. 357)
Il concetto di "matrimonio romantico", che oggi appare come una conquista irrinunciabile, fu un altro dei regali che ci fece l'illuminismo. Ma, anche in questo caso, la trasformazione di un dovere sociale in un diritto, affidato alla coscienza individuale, cancellò l'indissolubilità di un patto pubblico e abbandonò i coniugi alla solitudine caotica dell'arbitrio privato. Così, oggi, credo sia difficile affermare con sicurezza che la vita famigliare di Dante e Gemma Donati, capaci di essere sposi e genitori, magari senza neppure l'affetto, sia stata peggiore di quella di tante coppie, sposatesi per amore, ma incapaci di superare anche la più insignificante difficoltà, una volta sparita la passione.

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7 Commenti:

Blogger kyra l'elfo ha detto...

Non voglio scendere in particolari, perche' la discussione richiederebbe molto piu' di poche riche in internet, sottlineo solo un passo: "la trasformazione di un dovere sociale in un diritto" secondo me i punto e' questo, e' il rischio della liberta' e', alla fine, il libero arvitrio, che come cristiano ritengo fondamentale

21/5/08 09:17  
Blogger Piergiobbe ha detto...

Posto come risultato ottimale un matrimonio pieno di affetto, magari anche d'amore, unito al senso di responsabilità, il mio dubbio era il percorso. Si hanno risultati sociali migliori partendo da un matrimonio combinato, vissuto responsabilmente come un dovere morale, e che arriva col tempo all'affetto, oppure è meglio partire dal matrimonio romantico che evolve in un impegno morale? In questo non c'entra la libertà, né tantomeno il libero arbitrio, se non nel senso tutto cristiano del capire e scegliere ciò che è bene. E in certi casi il bene potrebbe essere il matrimonio scelto come dovere sociale.

21/5/08 17:10  
Anonymous Anonimo ha detto...

Ma combineresti il matrimonio per i tuoi figli?

23/5/08 13:25  
Blogger Piergiobbe ha detto...

Oggi sarei ridicolo, anche se, in fondo, i contratti prematrimoniali sembrano riprendere alcune delle modalità dei matrimoni combinati. Se però fossi vissuto in un tempo o in un paese con questa consuetudine, non l'avrei trovato strano, né tantomeno lesivo dei diritti delle mie figlie. E' chiaro che quando il fenomeno degenera negli aborti selettivi che falcidiano la popolazione femminile di paesi come l'India, ringrazio Dio di averci fatto vivere nell'Occidente divorzista.

24/5/08 12:47  
Blogger Old Whig ha detto...

Forse la soluzione migliore sarebbe un equilibrio, un mix tra le due cose: ci vuole l'affetto, ci vuole l'amore, altrimenti nella società d'oggi così piena di tentazioni e di stimoli alla fuga il matrimonio non durerebbe; ma è necessario anche riconoscere la funzione sociale enorme di ciò che si sta facendo, essere coscienti di quel progetto per la vita e per la comunità che si sta portando avanti unendosi e creando una famiglia, culla della speranza, cellula della civiltà.

28/5/08 12:28  
Blogger Piergiobbe ha detto...

Caro Old Whig,
scusa il ritardo con cui ti rispondo. Concordo con te, anche se spesso non si ha quella coscienza che tu richiedi... spesso le cose si fanno, magari senza pensarci troppo e la coscienza matura nel tempo. Se hai alle spalle una società che ti sostiene e che condivide il tuo progetto ce la fai, se sei da solo, anche con tutto l'amore del mondo, rischi più facilmente di crollare.
un caro saluto

5/6/08 06:32  
Anonymous vittorio ha detto...

Basterebbe dividere il sesso dalla sfera famigliare e non considerarlo un tabù: libertà sessuale ma legame con una sola persona, purtroppo è una cosa oggi impossibile

5/5/11 14:01  

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