Librerie malate
In questi giorni ho letto diversi articoli che descrivevano l' attuale situazione del commercio editoriale in Italia. Il quadro è preoccupato e preoccupante: l'offensiva delle grandi catene e dei centri commerciali sta fagocitando il mercato, omologando l'offerta e impedendo sostanzialmente la sopravvivenza ad editori di nicchia e librai indipendenti. Di questi argomenti ho già parlato e parlerò ancora, magari riprendendo questo interessante post letto su Salgalaluna, la cui unica pecca è sostenere (erroneamente) che le Feltrinelli abbiano sostituito i "classici del marxismo" con i "classici di Ratzinger".
Tra le righe di queste riflessioni, però, ho trovato anche qualche legittima lamentela sulle attuali modalità attraverso le quali i librai scelgono e acquistano i libri. E' questo l' argomento che voglio approfondire oggi, magari usando qualche tecnicismo. Me ne scuso, ma credo che questo sia uno dei nodi cruciali su cui si dovrebbe discutere, prima di perdere definitivamente quel pluralismo di idee che solo le librerie indipendenti riescono ancora a garantire.
Una delle lamentele più diffuse tra i librai è quella di prenotare le novità su un folder fornito dagli editori e perciò stesso zeppo di informazioni inutili o inverificabili.
Questa affermazione è sostanzialmente vera. Tuttavia, è altrettanto vero che i librai acquistino seguendo uno standard. Battezzano una "quantità media" a seconda dell'editore che hanno davanti e vi si discostano solo quando l'autore è arcinoto, l'argomento è di moda, l'editore e il rappresentante sono stati particolarmente convincenti nel promettere efficaci azioni di marketing. Questo impasse negli acquisti ha permesso agli editori di trovare una giustificazione per non curare i folder e soprattutto per aumentare il numero di novità in uscita (se di ogni libro si prenotano mediamente 3 copie per ogni libreria, stampando 100 titoli escono 300 copie medie per libreria, facendone 150 ne escono 450, con un incremento del fatturato del 50%). Oltretutto, molti dei volumi comprati in poche copie, vengono dimenticati sullo scaffale, e tornano alla ribalta solo nel momento della resa, venendo restituiti all'editore praticamente invenduti. Capita raramente che un libraio acquisti come se non avesse il diritto di resa, scegliendo alcuni, magari pochi titoli, e impegnandosi a vendere quelli in quantità, piuttosto che lasciarsi riempire di migliaia di volumi 1/2 copie per volta.
Un'altra lamentela frequente riguarda i rappresentanti che "imporrebbero" la loro volontà sul numero di copie da prenotare, o peggio invierebbero volumi non richiesti. Io pen so che se un rappresentante manda merce non ordinata sia disonesto, ma credo che cercare di convincere il proprio cliente della validità del proprio prodotto e delle sue potenzialità commerciali, sia non solo legittimo, ma caratterizzi proprio la professione di chi vende. Purtroppo, dato l'impasse di cui sopra, la contrattazione è considerata da entrambe le parti solo una perdita di tempo: i librai non ascoltano e non si fidano di ciò che dice il rappresentante, e i rappresentanti sono consapevoli che il libraio difficilmente oserà prenotare qualcosa di più del solito.
Se, dunque, le informazioni sui folder sono inutili e non verificabili, se il promotore è un cialtrone che cerca solo di fregarti, se in sostanza il libraio afferma di non avere strumenti per poter fare una scelta qualitativa del prodotto offerto, perché mai si dovrebbero continuare a fare solo acquisti libro per libro. Non sarebbe più efficace a questo punto dire al promotore (e di conseguenza all'editore): "l'anno scorso del tuo prodotto ho venduto una media di 150 pezzi al mese, mandamene altrettanti scegliendo quelli che ritieni migliori!". Si otterrebbero di sicuro due risultati: il monte merci rimarrebbe invariato se invariate restassero le vendite e il prodotto spedito sarebbe certamente selezionato dal promotore al meglio (per mantenere ed eventualmente incrementare coi rifornimenti la presenza in libreria).
Infine, i librai si lamentano perché gli editori non offrono loro libri"validi", intendendo per "validità dell'offerta" esclusivamente la capacità dell'editore di promuovere il proprio prodotto in maniera efficace sui media. Questa affermazione è la definitiva Caporetto del libraio. Infatti se un libro è valido solo ed esclusivamente quando l'editore lo promuove, è giustificato chiedersi in quali interstizi risieda la professionalità del libraio: non sa o non può scegliere, non vuole rischiare sui prodotti, si fa turlupinare, pretende di mantenere un illusorio controllo di ciò che entra nella sua libreria, ma è capace di vendere solo ciò che gli editori promuovono efficacemente.
In realtà la situazione è diversa e di bravi librai ce ne sono tanti. Tuttavia ritengo necessario smarcarsi da queste consuetudini di pensiero. Queste lamentele sono i mattoni sui quali gli editori costruiscono le loro catene di librerie, zeppe di best-seller, per i quali si spendono tanti soldi in promozione, ma che sempre meno sono la vera linfa delle librerie indipendenti. Osare, essere finalmente responsabili di ciò che entra in libreria, senza dare colpe a destra e a manca, quando i libri non sono stati venduti. Comprare ciò che si vuol vendere, come se non esistesse il diritto di resa, che è il vero cancro dell'editoria. Bene, io ritengo che questi siano i rimedi per curare la malattia che ammorba la maggioranza delle librerie indipendenti, anche quelle considerate migliori.
Etichette: librerie
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