Autorevolezza
Parto, come spesso accade, da uno spunto colto in rete. Un post di Marco M. Lupoi, in cui, tra l’altro, si commentava il degrado in cui versa la nostra povera Bologna dall’avvento di Cofferati. Era un’osservazione forse un po’ tardiva, ma certamente non faziosa, di chi, pur essendo di sinistra, pur amando la propria città, non riesce più a riconoscerla. Che la colpa sia dell’attuale amministrazione è fuor di dubbio, lo riconoscono tutti, basterebbe venire qui e far due chiacchiere con chiunque. Eppure… eppure partono i commenti e, a parte il mio (!), gli altri sono sconcertanti: uno dice, simpaticamente, che Cofferati è stato rapito dagli alieni e sostituito con un trifido (?), anzi tutta la sinistra è stata sostituita… un altro che Cofferati è parte di un “riflusso culturale”... il terzo, anonimo, chiosa, incredibilmente, che non è colpa solo di Cofferati, ma soprattutto “di professionisti che pensano a fare quattrini e tortellino senza altro progetto culturale”. E’ questo il modo, incredibile, con cui si interpreta la realtà da parte di chi non si rassegna e non è in grado di dire onestamente che il progetto politico e sociale della sinistra è fallito. Basterebbe quest’ammissione, tra l’altro, assolutamente legittima e incolpevole, per permettere a tutti di abbandonare la rete in cui ci siamo impaniati e ripartire. Tra l’altro, chi è in grado di ammettere i propri errori e si impegna per rimediare al danno fatto, acquista quell’autorevolezza di cui, io credo, si senta tanto la mancanza. Ma è molto meglio lamentarsi, piuttosto che avere il coraggio di fare una scelta. Il politicamente corretto unito al relativismo non permettono di infastidire nessuno (esclusi gli odiati nemici, “presunti ricchi, padroni, sfruttatori ed evasori fiscali”, che, però, sono almeno la metà degli italiani), né di avere un’idea chiara su cosa sia giusto e cosa sbagliato. Ci si impegola in lunghe, inutili, discussioni di principio, mentre attorno si sbriciolano i resti della civiltà occidentale. Ci si giustifica: nessuno si assume mai una colpa. Non si perde occasione per consigliare (o imporre) l'autocritica agli avversari, ma si è incapaci di un qualsiasi senso di responsabilità. Quando, finalmente, si decide di agire, lo si fa con poco slancio, tirandosi spesso indietro a metà dell’opera, o giustificandosi con coloro che hanno subito qualche inevitabile penalizzazione. Si promette a tutti, ma tutti si scontenta. In compenso non si perde occasione per convincerci di aver ragione. Intere serate in TV passate a snocciolare dati incomprensibili, inaffidabili, non verificabili, che giustificherebbero l'incapacità di scegliere. E noi, lì a sbadigliare, abbiamo un sussulto quando finalmente qualcuno finge di stufarsi e minaccia di far cadere il governo, di dimettersi, di non farcela più. Ma è solo fumo. Spauracchi che non si concretizzano mai. Nel contempo nessuno ci stimola, tutti vogliono solo proteggerci, riempiendoci di attenzioni non richieste, che prosciugano le risorse finanziarie del paese. Non ci viene permesso di maturare autonomamente. Tutta la nostra vita viene insulsamente regolamentata e burocratizzata, quasi fossimo dei minus habens, incapaci di gestire le nostre esistenze. Ci proteggono dai “cattivi” che non pagano le tasse, siamo categorie a rischio, siamo usurati e dovremmo ringraziare se al mondo ci sono persone come loro che pensano a noi! Ma in questo modo ogni credibilità s'infrange. I nostri politici si comportano come i genitori non autorevoli descritti da Osvaldo Poli nel libro, che ha ispirato queste mie riflessioni. In attesa che qualcuno lo capisca, porgo l'orecchio all'unico Padre terreno, capace di esprimersi autorevolmente: Benedetto XVI.
Etichette: autorevolezza, Benedetto XVI, Bologna, paternità, Sergio Cofferati
1 Commenti:
ho notato che ti sei iscritto a Tocqueville. benvenuto, allora
HH
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