martedì, dicembre 04, 2012

Riflessione

   La nostra società trova comodo non riconoscere più l'esistenza di una qualsiasi autorità morale, e tende ad aumentare a dismisura la legittimità dei desideri dei propri membri, coll'apparente nobile fine di renderli più uguali, liberi e fraterni. In realtà, così facendo, alimenta forzosamente lo scontro tra desideri contrapposti, per realizzare i quali è necessario o usare la coercizione, contraddicendo così il proprio assunto di base, o lasciare la libertà di coscienza, rendendo vane le leggi e costringendo i giudici a decidere, sostanzialmente secondo il proprio arbitrio, su ogni singola questione. Di dieci comandamenti che avevamo da millenni, siamo riusciti a conservarne, come reati,  a malapena tre: non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, e pure questi con una serie infinita di distinguo. Tutto il resto è un'apparenza di libertà sia per chi desideri fare qualcosa, sia per chi desideri non fare. Il finto scontro che si produce è spesso violento e pieno di ardore ideologico. In realtà, c'è una sola obiezione che lo stato non tollera e contro la quale usa la coercizione, la confisca e il carcere. Un'obiezione a mio avviso legittima, la prima che i nobili inglesi pretesero, quasi otto secoli fa, nella Magna Charta Libertatum: l'obiezione fiscale. Mi si dirà che oggi la Magna Charta è rispettata perché ogni tassa è sottoposta al nostro vaglio, tramite il parlamento che ci rappresenta. Ma solo a scriverla quest'ultima frase appare priva di senso. Non c'è più nessuno, infatti, in Italia, in Grecia, nell'Europa tutta che creda che il parlamento della nazione in cui vive lo rappresenti, tanto più in una situazione di crisi come quella in cui ci troviamo, dove lo striminzito diritto di voto è stato umiliato a tal punto da permettere governi privi di un adeguato consenso elettorale. E questo a prescindere dal mio personale giudizio su Mario Monti, che considero il minore dei mali e che credo stia facendo il possibile per rimediare ad una situazione gravissima. Tuttavia, parlare di obiezione fiscale, che è tutt'altro dall'evasione, è un tabù e notizie come questa, sul primo obiettore andato a processo nello scorso aprile (un cattolico naturalmente), hanno poca rilevanza sulla maggioranza dei media.
   Io credo, invece, che sarebbe questo il tema di cui discutere, ovvero se è giusto che uno stato ci chieda denaro, spesso costringendoci a sacrifici o addirittura ad indebitarci per far fronte ai pagamenti, senza farci sapere per cosa viene speso. Non mi pare un problema da poco, né che riguardi sparute minoranze, è un problema di tutti, decisivo per il nostro futuro e sul quale dobbiamo concentrarci assieme senza farci distogliere dai fumi delle false libertà.
  

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